Dove volano le Aquile, Quest x Lady

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view post Posted on 14/6/2012, 14:56
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<tra il mondo della terra e del cielo
C'è un luogo dove volano le aquile
Lì troverai il mio cuore e la mia anima trasportate dal vento
E in te io credo, quindi il tempo che spesi aspettando
È un momento passeggero, non un minuto oltre>

Cantava in quella mattina soleggiata il bardo, sulla cima innevata del picco. Un cielo sereno e soleggiante, la bianca neve rifletteva quell'immensa benevolenza, rendendo l'ambiente quasi divino. Una voce molto tenue e dolce, a sfiorare tonalità acute, ma in un sussurro che grazie all'eco si diffondeva in modo uniforme tutt'intorno. Attirati dalla musica, qualche animale si avvicinò, rimanendo però distanti, il melodioso canto lentamente li convinceva.
Ad avvicinarsi per primo, fu proprio un'aquila, che leggiadro si poggiò sulla spalla del bardo. L'uomo non smise di cantare quella delicata sinfonia d'amore, mentre come al suo solito, immaginava la sua dolce amata. Il suo spirito continuava ad aleggiare nell'aria, lui la percepiva sempre accanto a sé, come una guardia contro la sua eterna vita maledetta. Seppur maledetto in eterno, riusciva a godere la vita con felicità, nel pizzicare le corde del liuto sorrideva, con gli occhi chiusi come al suo solito. Beato, spensierato, sulla cima di una montagna ove in pochi si avventurano, e nel corso della storia solamente alcuni hanno avuto la fortuna di raggiungerla e sopravvivere.
Da lì il paesaggio era sublime: lunghe catene montuose, una tela dipinta misto tra grigio, bianco lucente e azzurro, raro per una zona in cui molto spesso capitano burrasche di neve e tempeste. Oltre all'aquila sulla sua spalla, in cielo ne volavano altre in cerchio, come danzanti a quella delicata melodia che componeva, e il loro richiamo faceva fuggire un sorriso compiaciuto al musico, che continuava imperterrito a suonare.

<tutti gli anni che sono passati, mai cambiarono la mia mente
Cosa sarà per noi, lo sarà nel tempo
Tutti i sogni che avevamo, un giorno diverranno reali>

La maledizione e la morte della sua amata non impedivano ai loro sogni di continuare. Lui continuava ad amarla, seppur siano passati oltre un secolo dall'ultima volta che i loro visi si incrociarono, pieno d'amore. Alzò lo sguardo al cielo, aprendo stranamente gli occhi, fissando vicino al sole e sorridendo alla sua amata, che sicuramente vegliava su di lui. Richiuse i suoi occhi, e ritornò a cantare quella sua dolce melodia, speranzoso che un giorno potranno tornare insieme, poco importava se bisognava attendere.

<dove volano le aquile, io t'aspetterò...>
 
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Lady'
view post Posted on 16/6/2012, 15:48




«Il picco»



Aveva sempre sognato di fare una giornata bianca su in montagna ma non aveva mai potuto andarci: "troppo pericolosa" dicevano, "troppo fredda" aggiungevano, "troppo troppo" le ripetevano. Era troppo tutto per essere una dannata montagna, e chissà quanto costava un dannato skipass giornaliero! Ma no, cosa stava pensando allo skipass se erano solo montagne selvagge ed abitate da sola neve e qualche mostriciattolo.. o magari bigfoot!
Ce lo mangiamo quello scimmione! Sì esatto, con un'insalatina fatta di stelle alpine e magari qualche piccolo scoiattolo.. Mi sto già gustando il mio pranzo! Ma hey, non abbiamo olio, aceto e sale. Ma sì, il sangue renderà tutto più buono, chapà su e porta a cà.
Ma, a proposito di animali... non ce n'era nessuno in giro. Dov'erano finiti quei batuffoli degli scoiattoli, dov'erano quei maledetti piccioni-aquila e le vipere? Dov'erano finiti gli animali? Ok che era arrivata Lille ma non c'era mica bisogno di sparire così all'improvviso. E farla rimanere così male. Aveva bisogno di qualche cucciolo da uccidere e berne i fluidi, e magari anche dei suoi genitori, da impagliare però. Sul serio animali, dove siete finiti?
La giovane zombie camminava su un sentiero che la stava portando quasi sulla cima di quel bel cucuzzolo, sterrato e con qualche impronta di chissà che cosa, forse orsi, che adornavano la superficie della stradina. E poi ai lati del sentiero stavano grossi alberi, ma non riusciva a distinguerli bene: sicuramente eran dei sempreverdi, ma alcuni erano diversi dagli altri. Ok c'era arrivata, s'era solo dimenticata i loro nomi: alcuni dovevano essere dei pini, alti e belli, fieri e coi loro aghi coperti da una leggera neve, ma gli altri non li riconosceva. Forse erano delle specie nuove, ma non li aveva mai visti né sui libri di scuola né da qualsiasi altra parte. E, con passi lenti ma lunghi, quasi scocciati, più s'avvicinava alla cima, più sentiva una strana melodia e qualcuno che cantava.
Ripudiò inizialmente quella forma d'arte ma più intensificava il suo detestarla, più ne veniva ammaliata e la sua sgarbugliata espressione di disgusto sul viso si trasformò in una specie di smile rasserenato e tranquillizzato, da hakuna matata. Aveva anche tolto la mano dall'impugnatura della spada tanto era rasserenata e spensierata, ed aveva anche accelerato il passo per arrivare a quella fonte di buona e dolce musica. Correva con un tintinnante suono alle spalle, ovvero la sua spada che continuava a fare quel metallico rumore, mentre s'avvicinava ancor più a quell'essere che suonava e cantava. E se fosse stata una trappola? Beh, in quello stato di serenità non pensava alle conseguenze, non pensava a nulla se non alla sola musica e alla sola voce che riempivano l'aria. Ed eccola là, quella misteriosa figura da cui proveniva l'arte che saturava l'atmosfera nei dintorni, ed incantava le varie creature che gli stavano a presso. Trottò fino ad un vicino alberello, cui si nascose dietro per ascoltare innocente la musica e per poter sbirciare quel maschio laggiù che ancora cantava: parevano note tristi quelle che la figura suonava, ma piene di sogni e di speranze, rallegranti, malinconiche allo stesso tempo.
La ragazza quasi poteva sentire quella tristezza, e poteva percepire il tocco di morte, il tocco di qualcosa che se n'era andato. E lo percepiva perché anche lei se n'era andata, morta, e proprio grazie al fatto di esser trapassata, poteva accorgersi di una tristezza speciale che tralasciava il pungente e acre odore di Madame Morte. Perché sapeva che sapore aveva la tristezza dovuta alla morte di qualcosa o qualcuno, eccome se lo sapeva.
E aveva capito che quella canzone poteva, probabilmente, esser stata dedicata alla defunta madre, o al padre, alla sorellina, o qualsiasi altra persona a lui molto legata, molto affine, ch'era morta e che voleva tornasse indietro. O comunque, era dedicata di certo a qualcuno, come si poteva capire dalle parole della canzone stessa e dalle emozioni che essa faceva provare. Data la presunta giovane età del giovane, probabilmente era dedicata proprio alla sorella o alla persona che amava: ad una ragazza o ad un ragazzo, ad un'amica o al migliore amico. Fatto sta che c'era un legame d'amore e d'amicizia tra i due. Il giovane musicante della montagna alzò anche lo sguardo al cielo, ed effettivamente questo gesto rese Lille sicura al 90% che la canzone parlasse di qualcuno ormai morto; oppure era un semplice gesto fatto a caso che il ragazzo fece così tanto per. Terminate quelle tristi parole, Lille tentò di avvicinarsi al giovane musicista, per curiosità che fosse o per il semplice fatto di voler iniziare una discussione con lui. A passi brevi e quasi insicuri, tentò l'approccio.
-Ciao-, disse lei con un'aria innocua ed innocente.
 
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view post Posted on 16/6/2012, 16:40
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<qui passerò la notte
Con molte battaglie ancora da combattere
Vedrò il sole alzarsi ancora
Su una spiaggia lontana...>

Il bardo continuava la sua melodia, anche se qualcuno era giunto a udirla, e non era una bestia. Essendo alle proprie spalle e con gli occhi chiuso, l'uomo non la notò, solamente quando un flebile ciao echeggiò per l'aria capì di essere in compagnia di una giovane donzella. Una voce titubante, ma serena e delicata, di sesso femminile indubbiamente, anche se aveva un che di strano, ma al bardo ciò non importava affatto.
La dama giunta a udire quella musica, era una donna defunta, dalla pelle vistosamente cadaverica, ma ciò non giunse alla vista del bardo che imperterrito suonava. Al sentire quella voce, le sue dita continuavano a pizzicare le corde, senza però dire altre parole legate alla canzone.
-Leggiadra giornata non trovate? Sedetevi pure qui vicino, lasciate che la mia musica vi renda lieta- Sentenziò il bardo, che volse lo sguardo in direzione della donna, ma con gli occhi serrati e concentrato. Oltrepassò il saluto, le parlò come fosse un'anima amica, era uno sprovveduto, un pazzo o una trappola, ma il carattere del musico era quello. Anche se non la guardò fisicamente, seppur non la conoscesse minimamente, era pronto a concederle tutta la fiducia che desiderava. La invitò con quelle sue parole a sedersi lì vicino, decideva lei le distanze, il picco era pieno di rocce emergenti e sporgenti che potevano essere utilizzate come sedia, da quelle vicine allo stesso molto grande ove era il bardo.

<la solitudine scomparirà
Il tempo cesserà fino al giorno
In cui tornerai tra le mie braccia
Per stringermi come prima...>
 
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Lady'
view post Posted on 7/7/2012, 00:16




«Welcome Miss Madness!»



Nell'aria era sì presente la musica e le sensazioni che essa instaurava in chiunque l'ascoltasse, ma si poteva percepire qualcos'altro. Sapete, quando diciamo che una persona mette il proprio cuore o la propria anima in un lavoro, noi lo intendiamo con l'aver fatto un ottimo lavoro e che ce ne siamo davvero affezionati; ma qui, in queste canzoni, in queste note che risuonavano nello spazio attorno, qui si poteva percepire l'anima del musicista. E alla giovane veniva in mente che la sua vita poteva esser resa un pentagramma e tutte le persone incontrate potevano esser trasformate in note: nere o bianche, si distinguevano così i nemici dagli amici e si creava una perfetta melodia; una melodia accompagnata da numerosi duelli, molti persi e pochi vinti, guerre e sangue, momenti tragici e gioiosi. Con melodia e accompagnamento, ecco che si era creata la canzone della sua vita ma, per problemi e quisquilie di cui solo una persona sa le verità, Lille ancora non era riuscita a scrivere la fine della sua canzone/vita. Era stata solo segnata una pausa molto lunga su quello spartito, e poi via di nuovo che la musica aveva ripreso.
La giovane aveva trovato posto a sedere accanto al chitarrista -momentaneo nome datogli poiché le era sfuggito di mente il nome di quello strumento. Lo avrebbe chiamato anche chitarra, o mandolino, ma non erano quelli i suoi nomi. E poi chiamarlo cordofono a corde pizzicate era scomodo. Ma ce l'aveva in mente, eh sì, prima o poi lo avrebbe azzeccato il nome di quello strumento che le stava tartassando la mente; e se il giovane l'avesse vista, si sarebbe accorto di quanto Lille si era concentrata a guardare quello strumento e a muovere le labbra come in cerca di quella parola. Quella. Quell'unico vocabolo che le avrebbe liberato la mente da tanto impegno. Le serviva solo sapere come si chiamava quello strumento. Doveva, doveva in qualsiasi modo trovare il suo nome. Strizzava gli occhi ogni tanto, come in preda a pura follia o a qualche disturbo psicofisico; poteva chiamare un paio di santi per quella "fatica" che faceva nel ricordare un semplice cumulo di lettere. L. L era la prima lettera che le venne in mente, ed era ad un passo dal ricordarsela poiché era una parola corta e che scivolava dalla bocca come un nonnulla. I. La seconda, dopo trenta secondi dalla prima, le si rivelò e subito provò un mezzo ghigno di gioia e piacere da quanto era difficile rimembrare ogni lettera che, assemblata, dava la parola che cercava. U. Ed eccola, la terza, seconda vocale della parola, e grazie alla quale venne meccanicamente il "TO!", esclamazione ambigua polivalente che in quel caso stava sia per le ultime due lettere della parola che cercava, sia per "Toh! Ho indovinato spero!". E il suo corpo non poteva trattenere tale euforia, al che urlò al cielo e s'alzò di botto in piedi.
-Ma certo! È un liuto! Ahahahahaahahah!- sbottò la ragazza in piedi, indicando con l'indice destro mezzo scheletrico l'oggetto che quell'uomo teneva fra le mani. Non era riuscita a tenersi dentro tale gioia scaturita dall'essersi liberata dal fardello che quel coso produceva in lei, quell'oggetto così misterioso fino a poc'anzi. Però, nonostante questo raptus di follia spinta dalla semplice sbadataggine di qualche suo neurone, s'accorse di aver interrotto quella che era una canzone decisamente rivolta a qualcuno e sì sentì nel panico, nonché in imbarazzo. Per ovviare il tutto e sorvolare su quest'immancabile figura di cacca, ci si mise anche l'ammuffitissimo cervello zombie di Lille e in un attimo imbarazzo e sensi colpa svanirono. Con uno sfacciato sorriso, aprì tutta la mano destra, allora chiusa e col solo indice puntate sullo strumento, per presentarsi. -Io sono Lille Odré, e farai bene a ricordarti questo nome!-

-

Note: non mi posso scusare per il mostruoso ritardo. Semplicemente non potevo usare il computer per diversi motivi. Mea Culpa, 15 frustate ç____ç
 
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view post Posted on 10/7/2012, 18:47
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Il delicato musico continuava imperterrito a pizzicare le corde dello strumento, che la sua ospite non riusciva a ricordarsi il nome. Oramai le parole da cantare erano finite, il breve e significativo testo era quello, spesso l'assenza di esse è più marcato. Le parole sono solamente una forma d'espressione chiara e concisa, anche la musica lo è, seppur essa esprima solamente le sensazioni e le emozioni del singolo momento. Il suono continuava a vibrare nell'aria, echeggiando in lontananza, senza però rovinare la dolce melodia che si produceva, dando un effetto molto amplificato naturalmente.
La ragazza che giunse, lentamente si avvicinò all'uomo che suonava, cercando di ricordarsi il nome dello strumento, anche solo per la soddisfazione personale. Quando rifletté accuratamente, dopo alcuni minuti di silenzio da parte sua, ecco che urlò lieta e gioiosa il nome dello strumento, un curato e splendido liuto. La ragazza urlò ad alta voce quello che era chiaramente un pensiero, ma ciò non interruppe la canzone, oramai privo di parole e passato alla melodia blanda. Il musico non si lasciò distrarre da nulla, anzi, fece un piccolo sogghigno divertito e felice per quella sua compagna d'ascolto. Gli piacque quella gioia che manifestava la giovane per una piccolezza del genere, sono poche le persone che apprezzano le cose piccole del mondo, che sia ricordarsi il nome di uno strumento, oppure l'ascoltare della musica.
La ragazza s'ammutolì nuovamente, mentre il bardo continuava a suonare il suo liuto ininterrottamente. La giovane si avvicinò, si sentiva dai passi degli scarponi che frangevano la solida e frastagliata pietra sotto il suo corpo. Educatamente la ragazza si presentò, usando un linguaggio degno di un uomo guerriero decisamente virile e ferreo. Il bardo manteneva quel piccolo sorriso, incuriosito da una fanciulla, dalla voce molto tenue, pronunciare con grinta e fermezza quelle parole. Già, bastava poco a incuriosirlo o fargli semplicemente piacere, e conoscere persone nuove era anche una fonte per nuove storie da narrare nei suoi lunghi e interminabili viaggi.
La ragazza protese la mano in segno d'alleanza pacifica, attendendo di ricevere una stretta d'accordo. Il bardo semplicemente volse lo sguardo in sua direzione, con gli occhi chiusi tenuti tali tutto il tempo, sorridendole semplicemente. Non aprì gli occhi, né ricambiò il gesto amichevole, neppure si presentò, le sorrise e poi tornò rivolto verso l'orizzonte.
-Non preoccupatevi, non scorderò il vostro magnifico nome. Anzi, farò in modo che tutto il mondo lo saprà, insieme alla storia di colei che la possiede.-
Rispose semplicemente, mostrando interesse seppur apparisse a primo impatto maleducato e scortese. Le sue parole erano eleganti, il suo tono tenue e caldo, la sua voce gentile e graziato, di certo non era una minaccia, e nemmeno un villano, la giovane poteva fidarsi di lui, seppur non conosceva nulla, né il suo nome, e neppure il colore dei suoi occhi.
 
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